Ci sono giorni che nemmeno lo scrivere invoglia a scrivere. Sono i giorni in cui, alienato, ti accorgi che il lavoro occupa gran parte della giornata. E, alla fine della lunga, estenuante battaglia del lavoro, torni a casa sfinito. Quando torni, c'è quell'altra parte di vita che vuol dire sera, vuol dire casa, vuol dire cibo, vuol dire piatti, vuol dire tardi. Quell'altra parte di vita che, timida, ti chiede di dare un senso al tutto.
Ma anche in un giorno come questo la poesia viene in soccorso.
"Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?" ci chiede.
Non ho niente da dire. Oggi do a Cesare (Pavese) quello che è di Cesare (Pavese). Preferisco tenermi la mancanza di senso.
....un vuoto di senso......che meravigliosa espressione........
RispondiEliminaPavese, un gigante
RispondiEliminaNon ho ancora finito con lui... mi perseguita
RispondiEliminaAnonimo: lo vorresti?
RispondiElimina....si
RispondiEliminaAnche se non sembra...
RispondiEliminati aspettavo....
RispondiEliminasemplicemente questo...
da dove nasce il tuo pensiero?
RispondiEliminada radici simili a quelle che generarono questi:"Oggi che ti aspettavo
non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice,....."
non pensare...
domanda...
le nostre vite non sono uguali
e i miei passi di danza non seguiranno i tuoi se non ci interroghiamo vicendevolmente...
è pur vero che:
RispondiElimina"
ci sono risposte che non nascono da domande,
crescono nel ventre della mattina
come piccoli spontanei fiori."
http://www.undo.net/Pressrelease/foto/1190306399b.jpg
Anonimo: ho la mail del blog, scrivimi lì. E dammi una risposta, senza bisogno che io chieda...
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