Cerca nel blog

giovedì 24 dicembre 2020

Il sole della Vigilia

Stamattina Palermo si è svegliata con un sole brillante. Non c'è per forza bisogno di un camino per sentire il calore sulla pelle. E allora mai come oggi, per le strade, i vagabondi cercano di scaldarsi ai suoi raggi. C'è da sciogliere il ghiaccio che si portano dentro. Lo stesso ghiaccio che ci portiamo dentro noi, accumulato non in questi giorni di inverno piuttosto clementi, ma nei mesi primaverili, estivi e autunnali, mesi di paura, diffidenza, dolore.

Oggi il sole sembra sorriderci. Mi sembra un sole carico di speranza il sole di questa vigilia. In fondo tutto ha un inizio e una fine. Anche una pandemia. Bisogna avere pazienza, ci siamo quasi. 

Vi auguro di vivere giorni pieni di sole, senza cattivi presagi o brutti ricordi. E che la notte di questa vigilia vi regali pure i sogni. 





domenica 1 novembre 2020

Vivi e morti

Non c'è una profonda o così netta distinzione tra l'essere vivi e l'essere morti. È esperienza comune infatti sentirsi morti quando si è vivi, e sentire vive, presenti, sempre, delle persone che oramai non ci sono più.

Scrivo per ognissanti piuttosto che per il giorno dei morti, intanto perché mi pare sia un giorno di sospensione, di preparazione quasi alla visita ai defunti, come se i santi che ci proteggono possano metterci in contatto con le persone che non ci sono più, vettori di emozioni, e catapultarci da un giorno in cui la morte viene esorcizzata attraverso riti popolari (halloween), a un altro in cui la morte viene accolta in una dimensione interiore e insieme nello spazio fisico di una tomba (il giorno dei morti).

Scrivo in questo giorno anche perché mi pare non si debba scherzare con la morte. Come se scrivere di morte chiamasse altra morte, e in questi giorni, di virus e negatività, la cosa forse non sarebbe bene accetta.

Non c'è dolore che non venga attutito dalla distanza, sia essa spaziale o temporale, e questo lo sanno bene i vivi. Ma lo sanno anche i morti, se scegliamo siano essi vivi, nel nostro cuore, così che non sappiamo se le emozioni che proviamo siano del tutto nostre o anche un po' loro, essendo l'amore che ci lega una forza contaminante, cellula a cellula, ricordo con ricordo, passione per passione. Gene in ogni singolo gene.

Siamo vivi e morti insieme, carne che si rinnova e deperisce, tempo trascorso e presente, pensiero della fine e desiderio di contatto. Occhi fissi a una foto, lacrime di mistero. 

La foto di ogni nostro congiunto ci ricorda che abbiamo sofferto. E che nonostante tutto, siamo rimasti in vita. 


Ci sottovalutiamo. Pensiamo di non essere capaci di affrontare certi dolori ma poi, alla prova dei fatti, dai meandri inesplorati del nostro organismo emergono minute molecole di sopportazione che si mischiano alle piastrine del sangue e irrobustiscono il corpo e ci fanno sopravvivere, malgrado ogni tentazione di arrendevolezza, come se Natura sapesse quanti dolori può distribuire, conoscesse la portata di ognuno e mandasse il dolore giusto, quello che colma le misure senza affondarle, che noi nemmeno sapevamo di essere così resistenti ma Natura si, Natura sapeva. Ogni uomo soffre il dolore che può. 


Dice bene Astolfo Malinverno, personaggio di "Malinverno" di Domenico Dara, una storia ambientata in un cimitero ma non soltanto. Una storia in cui si uniscono in matrimonio vivi e defunti, e la poesia restituisce un senso alla vita. 

Ogni uomo soffre il dolore che può. 


Domani, se andrete al cimitero, o se ci siete già stati, domani come ieri, o forse oggi, raccogliete dentro di voi tutto il vostro dolore e trasformatelo in amore. Guardate la morte negli occhi senza paura. Ogni giorno è la vostra fine, la nostra. 



Non è un dramma la fine.  Facciamo anche noi parte dell'universo. Siamo di passaggio, non scordiamolo. E sono certo che un giorno, magari in un'altra forma, sapremo essere migliori e più belli di così. 














mercoledì 7 ottobre 2020

Per due che come noi



Esistono le emozioni, ed esistono le storie. Non tutte le emozioni sono contenute nelle storie. Come dire che non tutte le storie suscitano le stesse identiche emozioni.

Siamo lontani anche quando siamo vicini, e siamo vicini anche quando siamo lontani. Stiamo insieme per vent'anni, o per due ore, ed è perfettamente uguale. Ci sono vite che esistono insieme, ed esistenze di vite che si sfiorano soltanto. 

Possiamo rimanere abbracciati solo per una notte oppure non rimanere slegati mai, anche quando siamo lontani, perché appiccicati col pensiero. Dormire insieme per tutta la vita e dormire soltanto. Oppure vegliare tutta la notte e accarezzarci con le dita, senza dire una parola, sapendo bene che il giorno dopo ci dividerà per sempre.

Quanto coraggio ci vuole per vivere  senza certezze? 




Vuoi fare l'amore o vuoi solo godere?
La linea è sottile, la posso intuire
Dal modo in cui mi mordi il labbro superiore
Dalla tua bocca che stringe e non mi lascia scappare
E chissenefrega se è sesso o se è amore

Conosco la tua pelle, tu conosci il mio odore




Perfettamente inutile porsi certe domande. Non esistono le storie, esistono le persone. E le persone sono più di sette miliardi in questo mondo, e le combinazioni tra le persone pressoché infinite. Da ogni possibile combinazione può nascere un amore che non è mai uguale a un altro. Dunque possiamo benissimo rilassarci perché niente è sotto controllo e niente è prevedibile. Nessun indicatore di comportamento ci porterà tra le braccia della persona giusta, nessuno caso straordinario diventerà provvidenziale. 

Come gocce di acqua in un mare infinito, possiamo incontrarci e fare un'onda insieme, oppure non incontrarci mai ed evaporare nel nulla. Possiamo fare schiuma insieme, oppure incontrarci dopo un acquazzone, tu goccia piovana e ribelle che giungi dall'alto, io goccia di lago quieta e immobile, fare due chiacchiere, donarci l'amore e decidere di rivederci un giorno sulla riva di un fiume. 



Ma non confondere
L'amore e l'innamoramento

Che oramai non è più tempo




Già, ma non confondere l'amore con l'innamoramento che ormai non è più tempo.











Per due come voi, o per due come noi, tutto è possibile. Incontrarci per la prima volta, ogni volta, senza lasciarci mai, oppure vivere separati per sempre così. Con la stessa grazia. 



lunedì 31 agosto 2020

L'amore negativo

Esiste un "amore negativo", oppure l'idea stessa del post, a partire dal titolo, è sbagliata, e avrei dovuto pertanto optare per un più esemplificativo "Il negativo dell'amore"?

Credo che i titoli siano molto importanti, perché forniscono informazioni circa il contenuto del testo e stabiliscono  la cifra stilistica dello scritto. 

Facciamo chiarezza allora. Il quesito è: esistono amori negativi (e dunque, in contrapposizione, gli amori positivi), oppure esiste un solo grande amore che ha un lato positivo e uno negativo? 


Dalla scelta che ho fatto, inconscia, del titolo, di scegliere la prima opzione, pare che l'orientamento, stilisticamente poco poetico, sia di stabilire che esiste l'amore negativo, e che questo vada distinto dall'amore positivo. 

Dunque esiste un amore negativo, che non mira al suo mantenimento ma desidera bruciare con tutto ciò che questo comporta in termini di intensità e violenza, e dall'altra parte un amore positivo, un amore che desidera invece rendere la propria fiamma sempre viva, e che teme la formazione della cenere come il peggiore dei fallimenti. 

Se utilizzassimo i codici della scienza, il primo amore, quello negativo, che mira a consumarsi, è quello naturale, in quanto fenomeno fisico in sé stesso, non imbrigliato da alcun codice etico e morale. Il secondo appare come frutto della fantasia romantica di una civiltà che deve scegliere di costruirsi su basi solide, che ha bisogno di sostanza e di credere in qualcosa per sussistere, di una società che ha scelto la solidarietà e l'amore come collanti. 

La fiamma dell'amore negativo divampa con la passione, legata com'è questa alle differenze, allo stridente incastro delle nevrosi degli amanti. Due follie che si scornano producono scintille incendiarie capaci di distruggere tutto, perfino tutto ciò che è vita. La fiamma duratura dell'amore che non si consuma, invece, divampa e si mantiene grazie allo spirito degli amanti, già, il loro spirito, utile ad accendere il fuoco del barbecue e ad alimentare allo stesso modo le fiamme che non bruciano ma danno calore, quelle che servono a scaldare alla luce di un camino un cuore, quelle che donano intimità, sostenute come sono dal soffio vitale degli amanti. 

Ecco, nel titolo di oggi c'è tutto questo. Esiste un amore negativo, folle, passionale e distruttivo, non cattivo attenzione, semplicemente negativo, che nega la ragione della sua stessa esistenza perché nasce solo per finire, e un amore positivo, non buono però, autentico, coraggioso, che  invece mira alla sua decisa affermazione. 


Se avessi utilizzato un altro titolo, "Il negativo dell'amore", avrei potuto scrivere in maniera più poetica, forse, più vicina alla realtà. Avrei potuto raccontare che  non c'è amore folle che non contenga in sé il valore più alto del bene, e che non c'è amore altissimo e spirituale che non possa essere risucchiato in basso dai perigliosi gorghi del male. 


Oh amici miei, l'uomo è così imperfetto... ma questa è un'altra storia, e il "negativo dell'amore" semplicemente un altro post che non ho ancora maturato per bene...




Non stare zitto Marracash, parla. 





martedì 7 luglio 2020

C'eri un volta tu (in memoria di Ennio Morricone)


Non so dire quali bulloni del mio corpo si siano allentati. Quando ho saputo della tua morte, sapevo percepire soltanto che qualcosa, all'interno del mio corpo, si era disgiunta. Come se diverse parti di me, prima coese, non lo fossero più. Non ero più in me, questo lo capivo. Solo mi chiedevo perché. Perché non ero più io? Che cosa toglieva dal mio corpo la tua dipartita? Quale assonanza veniva meno col tuo addio? 

Poi ho pensato alla Biorisonanza. Cosa c'entra la Biorisonanza direte voi. Be', questa Scienza studia la risonanza cellulare, e afferma che alcune frequenze specifiche possano migliorare oppure ostacolare la risonanza delle cellule, modificando la struttura dell'acqua al loro interno, forse persino determinando modificazioni del DNA. Pare che in questo senso le cellule normali e quelle cancerogene si comportino diversamente, e che siano sensibili a diversi tipi di frequenze. Da qui la credenza scientifica, oltre che ampiamente antropologica e culturale, che certi suoni, certi ritmi o certi canti possano avere un effetto curativo. 

Allora ho capito. La tua musica era un balsamo per il cuore, perché facendo vibrare all'unisono tutte le cellule del nostro corpo sapeva restituirci ai nostri sentimenti più intimi, perché in questo modo sapeva farci stare bene. La tua musica era la cura di cui abbiamo sempre avuto bisogno.

Da quando non ci sei più, non solo la mia persona, ma tutta l'umanità è a rischio. Perché, vedi, non è che la tua musica non rimanga qui per guaririci, ma è l'idea che non vi sia più il creatore di certe cure miracolose per il cuore a spaventare l'umanità, l'umanità che sente ogni giorno di più il freddo cinico dell'insensibilita', e che teme di affogare nel mare desolante dell'indifferenza.

Tutti pensano che siano i soldi a fare la ricchezza. Io dico che no, non sono i soldi. A fare la ricchezza è oggi più che mai il capitale umano. E allora, non solo l'Italia, ma tutto il mondo piange la tua perdita, Ennio.








Un giorno potrò dire che quando avevo dieci anni mi chiudevo nella stanza e ascoltavo la tua musica a occhi chiusi. Un giorno potrò dire che diversi anni dopo lo facevo ancora. Un giorno potrò dire che c'eri una volta tu. 


giovedì 25 giugno 2020

Lasciati a casa

"Vuoi amare?
" Vuoi essere amato? "

Esistono domande che siano più dotate di senso? Questioni più pregnanti che tengano aperta l'esistenza? 

Mai come oggi risultano complicate, criptiche, disoneste.

Viviamo nell'epoca dei desideri consunti, dei no severi, a stretto giro di vite, dei rinuncio perché non riesco ad accettarti nei tuoi pregi e nei tuoi difetti, dei non posso perché non sei esattamente come ti ho sognato, o degli ancora è troppo presto, chissà che cosa può riservarmi la vita, dei maledetti bastardi, siete lì per farmi del male prima o poi: non mi fregherete mai! 

Viviamo nell'epoca della rinuncia, a guardarsi dentro, ad attraversare le paure, a esistere, anche, perché no, in funzione dell'altro.

Ci avvolgiamo gli egoismi al collo come sciarpe, per non ammalarci di relazione. I social servono a questo, a evitare la pena di ogni stato febbrile. Lì siamo amati e venerati dai molti: chi potrebbe restituirci una considerazione maggiore? Lì siamo invincibili e imperituri. 

Platone riteneva che l'amore fosse un balsamo per la ferita necessario a ricomporre due metà che anelano all'unità. L'amore come sutura. L'amore come intervento chirurgico indispensabile alla pienezza. L'amore come complemento del completamento.

Roth la pensava diversamente. Per lui l'amore non era il balsamo della ferita. Per lui l'amore era il taglio.

L'unica ossessione che vogliono tutti: l'"amore". Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l'amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due.

Bè, come dargli torto oggi? Ce ne stiamo nelle nostre case chiusi a chiave, convinti illusoriamente di bastare a noi stessi, come se non avessimo bisogno d'altro. Come se non avessimo bisogno d'altri. Stiamo bene. Non soffriamo. Siamo unità piene, facciamo tutto ciò che vogliamo, ed espelliamo ciò che non vogliamo, come il desiderio dell'altro, come il desiderio che gli altri concentrano su di noi. 

Poi ci capita di uscire fuori di casa, di incontrarci. In quel mistero che è il luogo intimo dell'altro, perdiamo tutti i nostri riferimenti. Come quando entriamo in una casa stregata, non sappiamo cosa aspettarci, ma sappiamo che avremo paura, che grideremo "Oh mio Dio, basta!". Ci basta il pensiero della paura per farci scappare via. Ci basta sapere che qualcuno potrebbe procurarci un taglio, la ferita di Roth, per sparire nel nulla. 

"Vuoi amare?" 
"Vuoi essere amato?" 

Be', che dire? Se non vuoi rispondere a queste due semplici domande allora lasciati a casa, non concederti mai la possibilità dell'amore, benché sia l'unico sentimento che ci rende autenticamente vivi. 







domenica 10 maggio 2020

Mr. Blue


Ci sono persone che amano stare da sole, e altre che sono state obbligate a esserlo. Ci sono persone che sanno amare, e altre che non sanno cosa vuol dire, esattamente, amare. Difficile oltremodo distinguere le une dalle altre. Vi siete mai chiesti voi da che parte state?

Soltanto nel rapporto diretto con un "tu", possiamo comprendere se facciamo parte dell'una o dell'altra categoria. Quando entriamo in una relazione, scopriamo quanto siamo capaci di amare, o se ne siamo capaci. L'incontro con l'altro, l'incontro quello vero, quello che avviene in profondità, svela tutte le nostre potenzialità e le nostre mancanze. E' sempre un incontro da benedire, intendiamoci. Dal momento che rappresenta un momento di crisi, di destrutturazione profonda del nostro essere, ha in sé un elevato potenziale di rinnovamento, o di rinascita. Purtroppo non a tutti è dato di sfruttare tale potenziale. Il processo di rinnovamento a cui faccio cenno, non è un processo automatico, e allora per alcuni l'esperienza dell'incontro autentico con l'altro si rivela destrutturante e basta, angosciante oltre ogni limite. E' forse a partire da questa considerazione preliminare che possiamo fare chiarezza. L'ipotesi è che se siamo cresciuti in un ambiente pieno di amore, allora sappiamo decodificare il linguaggio dei sentimenti, e sappiamo provare l'amore. In questo senso ci sentiamo pieni, e non abbiamo bisogno d'altre prove, di altre conferme. Se invece siamo cresciuti in un momento difficile della vita della nostra famiglia, e nessuno si è premurato di rispettarci, o di guardarci con gli occhi della devozione, o di comprenderci ben oltre i nostri pianti, allora questo linguaggio elementare non lo conosciamo e diventiamo sordi ai discorsi sull'amore. Ciò che operiamo, è la rimozione dell'amore. L'amore, per noi, semplicemente,  non esiste. Necessariamente, daremo importanza ad altri aspetti.

Analizziamo questa seconda eventualità. Se siamo cresciuti in un momento o in un ambiente sfortunato, non abbiamo altra possibilità di sopravvivenza se non quella di chiuderci in noi stessi. Col tempo, impariamo a bastarci. Diventiamo egoisti per necessità. E se abbiamo bisogno di qualcosa, non essendo capaci di entrare in relazione profonda con un altro essere umano, perché nessuno ci ha insegnato a farlo in maniera autentica, ovvero con il linguaggio e le opere dei sentimenti, impariamo l'arte del raggiro e della manipolazione. Impariamo a sfruttare le debolezze degli altri, quelle che per noi sono debolezze, come il bisogno di approvazione o il bisogno di sentirsi amati, oppure la bontà, per raggiungere il nostro scopo. Perché lo facciamo? Perché dobbiamo a tutti i costi approvvigionarci di tutto ciò che ci sembra un requisito indispensabile per vivere. Scopriamo di aver bisogno di successo, di visibilità, di uscire dall'anonimato del nostro cuore. Se nessuno ci ha guardato con gli occhi dell'amore come un gesto gratuito quando eravamo piccoli, qualcun altro dovrà farlo, costi quel che costi, quando diventiamo grandi. Così alziamo le antenne, e impariamo a intercettare possibilità. Facciamo fuori i concorrenti in maniera sleale, ci prendiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, con l'inganno. Diventare grandi, vuol dire diventare furbi e diffidare delle buone intenzioni degli altri. Anche gli altri vogliono sfruttarci come noi tentiamo di fare con loro. Dobbiamo stare attenti. Non possiamo prestare il fianco alla fragilità, mai. Lì fuori c'è qualcuno che vuole approfittarsi di noi, come hanno approfittato di noi da piccoli. C'è qualcuno che è insensibile ai nostri bisogni, che gode a umiliarci. Bisogna stare in guardia. La vita è una guerra. 

Se una persona così bardata per la guerra incontra una persona speciale, cosa succede? Se incontra una persona che è capace di amare, e che riesce, non si sa bene come, a provocare in lei un movimento interiore di elettricità. Una persona che coi suoi modi riesce a mettere in dubbio le certezze fino allora inconfutabili del suo Io. Cosa succede se una persona siffatta ne trova un'altra che comincia a parlargli col linguaggio del cuore, scandendo le sillabe, come a un bambino incapace di muovere i primi passi? Accade la felicità, pensate? No vi dico io. Accade che la persona perda l'armatura e con essa tutte le sue certezze, e tremi nuda e indifesa al pensiero che qualcosa o qualcuno voglia conficcare un pugnale sconosciuto nel suo petto. Può succedere che provi vergogna per tutto ciò che non conosce. Può accadere che si senta stupida.

Questo isolamento obbligato mi ha imposto di guardarmi dentro, ma anche, al contempo, di guardare meglio fuori. Tra le serie netflix che hanno allietato le mie serate, ce n'è una che mi è rimasta nel cuore e mi ha spinto a scrivere questo post. Si tratta della serie animata intitolata "Bojack Horseman". Bojack è un attore di Hollywood, un cavallo.  Ma soprattutto è un uomo. Si, è al contempo un cavallo e un uomo, con tutti i suoi punti di forza e le sue debolezze. Brucia tutto ciò che tocca, non sa cosa vuol dire amare. E' circondato da persone che a modo loro gli vogliono bene, e che rimangano spesso deluse per i suoi comportamenti o le sue omissioni. Ha un passato difficile Bojack. Bojack è un uomo, sì, un uomo fin troppo umano. La canzone della stagione finale della serie, Mr. Blue, ovvero il signor Tristezza, rappresenta molto bene il personaggio, come rappresenta bene tutti coloro i quali hanno avuto la sfortuna di non essere mai stati amati da piccoli, e tentano in ogni modo di riscattare la propria triste condizione drogandosi di cinismo e arroganza. L'incontro con il "Tu" di Diane Nguyen riuscirà a redimere Bojack? Ovviamente non vi spoilero nulla, per questo dovrete guardare la serie.  Posso soltanto dirvi che ci abbiamo sperato tutti, fino alla fine. 








Da che parte stiamo noi? Quali sono le potenzialità che abbiamo? Siamo capaci di lasciarci sconvolgere dall'esperienza della relazione diventando persone migliori?

E' indubbio che il quesito meriti di essere vissuto.

domenica 19 aprile 2020

Luna d'acciao e diamante


Ci sono canzoni capaci di squarciare il silenzio geloso in cui sa chiudersi un'anima. Sulle note portano emozioni che la poesia può toccare senza sporcare. Veicolano parole che tornano dentro, provenienti da un futuro non ancora vissuto. Sono canzoni capaci di catturarti ben prima tu possa decidere cosa fare, se andare o non andare. Se intraprendere quell'unico viaggio o meno.  Il viaggio di un amore che non vuol finire.




Come si rapisce per sempre un momento d'amore? Come tornare a quella gioventù che tanto orgogliosamente ha osato? E ancora, come riportare avanti un nastro già per bene avvolto su se stesso? 


E tu perché non parli?
Una parola sospenderebbe il mio rancore
Io non so più quello che dico
Umiliata in  silenzio
Forse strappata dal mio sentimento



Forse, semplicemente, non si può. D'altra parte sarebbe stupido cogliere un fiore sperando  non appassisca mai. La verità è che non si può amare sempre come quel primo momento. Ma tra le verità che la vita ci offre, di certo questa è l'unica che non vale la pena gridare. Lecito nutrire dubbi riguardo all'amore quando non si avverte più il calore della fiamma che brucia. Ma è proprio necessario ravvivare il dolore della perdita ripercorrendo il passato?



E c'è una luna turchese e diamante stanotte
Che ferirebbe ogni cuore
Sì, sono triste e mi manchi
Anche se ti cammino accanto
Sempre caro sei stato al mio dolore
Dammi solo un po' d'acqua
Perché ho aspettato tanto
Perché ho vissuto sempre
Tra speranza e incertezza
Per poi tornare da te




Basterebbe sussurrarsi che quell'amore non è più necessario, a bassa voce, senza perdere mai la cognizione del tempo. Quell'amore ha dato nerbo e sostanza all'intera esistenza, che necessità c'è di spremerlo ancora?  





E tu luce di luna d'acciaio e diamante
Che dal cielo spezzi i muri e le catene
Guarda questo mio amore così cieco e costante
Senza quasi ragione, che si possa capire
Se i giorni da adesso, cominciassero di nuovo
Che importerebbe tutto quello che ho detto
Non è tardi stanotte
Nemmeno per me


Purtroppo non possiamo accettare la morte e che tutto sia destinato a finire, perfino l'amore. La tenacia con cui amiamo coincide col nostro istinto di sopravvivenza. Questa consapevolezza ce la regala la luce di una luna d'acciaio e diamante che brilla questa notte, come brillava  la scorsa.

In fondo, possiamo aspettare con fiducia che ci illumini anche domani.











domenica 29 marzo 2020

La corona di spine


Non è il tempo delle parole. Siamo in guerra. E la guerra è il tempo delle azioni, non delle parole. In questi giorni disperati, ci aggrappiamo a tutto ciò che possiamo. Ma la verità è che non possiamo aggrapparci alle parole. Non possiamo aggrapparci alla poesia. 

Suonano di sconfitta le parole quando lì fuori c'è gente che muore, gente che non ha più il fiato per le lettere. Attaccati a un ventilatore troviamo il nonno e il nipote, i genitori e i figli, il fratello e la sorella. E allora sembra quasi che ciascuno di noi debba stare in silenzio, per rispetto. E per riflettere. 

Le immagini del Papa a San Pietro hanno fatto il giro del mondo. Le parole del Papa hanno avuto un effetto consolatorio, è vero, ma ciò che ha bucato lo schermo è stata la solitudine dell'uomo, sotto la pioggia battente, metafora di ciò che ognuno di noi vive nella propria interiorità. La pioggia è l'inevitabile, tutto ciò che non possiamo controllare. L'evento avverso. Ma la pioggia ha anche una funzione catartica. La purificazione della pioggia è la stessa del fonte battesimale. Siamo chiamati a rinascere come Comunità. A cominciare da domani una nuova vita. Dobbiamo rinascere, sì, e non perché si avvicinino i riti pasquali, ma perché l'uomo è chiamato a vestire i panni di una nuova purezza.

Il nostro mondo stava andando in malora, e allora la natura ha smesso di proteggerci. Ci ha lasciati da soli la natura, oltraggiosa lei, di fronte al volto pietrificato di Dio. Pietrificato, già, come a San Pietro il volto di Francesco. Lui, il primo degli uomini. L'intermediario dell'umanità. L'uomo che si spoglia dei suoi abiti, e rimane nudo, impotente. L'uomo che prega da solo, sotto la pioggia, con la pioggia dentro, le lacrime di tutta l'umanità concentrate nel cuore. Lui, Francesco, si affida a Dio. Noi uomini, ci affidiamo a lui. 

La parola del Papa è parola laica, ma intrisa di religiosità. E' rivolta allo stesso modo a credenti e non credenti. Attraversa l'anima impaurita di chi non può avere certezze rassicuranti. Non dalla scienza, non dalla psicologia, non dalla religione, non dalla persona amata. Siamo distanti, e mai così vicini. Partecipiamo tutti quanti e allo stesso modo al destino del mondo. Ci siamo incatenati a casa, prigionieri di noi stessi. Siamo i carcerieri e i carcerati, siamo i giudici e i colpevoli. Dio ha rimesso a noi i nostri debiti. In questo modo, realizza la sua parola.

Ho sempre pensato che l'uomo per così dire evoluto, l'uomo che ha potuto beneficiare del progresso, prima o poi, avrebbe dovuto fare i conti con se stesso. Pensavo a un guerra, una carestia. E' arrivato un virus dal nome stupido ma regale, dalla corona di spine, un virus cattivo e incattivito che continuerà a mietere morti anche quando debellato. Perché  ha invaso i gangli dell'umanità, ha corroso alla radice ogni logica economica, e dunque porterà alla rovina. 

Nel buio che viviamo, dove è difficile che arrivino i raggi del sole, siamo chiamati comunque a vedere. Con gli occhi chiusi, sì, dobbiamo vedere. Il futuro che ci aspetta sarà la nostra liberazione. Dovremo ringraziare gli uomini che sono morti per noi. Dovremo celebrare riti di rinnovamento e di speranza. Dovremo estirpare da noi l'egoismo, l'arroganza del potere e dei soldi, e riscoprirci solidali, uomini tra gli uomini. Dovremo imparare ad amarci veramente. 

Non è il tempo della poesia questo, ma forse, come uomo, io per primo sono chiamato a credere che anche questo sia il tempo della poesia. Si, devo piegare dentro di me ogni resistenza, sforzarmi di trovare un senso, trasformare questo lutto oscuro in luce ridente. E allora, non l'uomo, non il poeta, ma il futuro vi chiama per infondervi coraggio.






Torneremo a vivere su un'isola, mai più isolati.

domenica 16 febbraio 2020

La logica del calzino destro che ama il sinistro, e viceversa.


Mi sembra che il titolo non si presti a considerazioni di carattere poetico, ma dal momento che tutto ciò che viene prodotto in fase creativa dev'essere valorizzato, e avendo partorito questo titolo da chissà dove, da qualche luogo oscuro che sapessi dove si trova, avrei già dato una definizione esaustiva di creatività, vi parlerò comunque dei calzini e della logica che li muove. E' esperienza comune, dopo aver fatto la lavatrice, che i calzini si mischino, e che dopo averli asciugati debbano essere accoppiati per colore, ricamo e lunghezza. Essendo i calzini degli uomini spesso simili, se facciamo eccezione per quelli sgargianti e colorati che soltanto alcuni possono permettersi, succede, quando andiamo di fretta, di accoppiarli malamente, e di accorgerci dell'errore di averli accoppiati male soltanto la mattina, quando dobbiamo andare a lavoro e li abbiamo già indossati, e viene alla luce che il calzino destro, così simile per quanto concerne il colore a quello di sinistra, in realtà abbia una lunghezza leggermente diversa. Sebbene la cosa ci crei fastidio, non abbiamo il tempo di controllare qual è il calzino gemello tra gli altri che teniamo stipati nel cassetto, e allora pensiamo fanculo! e usciamo di casa, accettando la mancanza di comfort e ricacciando indietro pensieri ossessivi e bestemmie. Poi succede anche, dopo averli usati, di buttarli nella cesta delle cose da lavare, e che la mattina dopo ci accorgiamo dell'altra coppia di calzini spaiati, e ancora una volta li indossiamo sebbene con grande disagio quei calzini così diversi, perché andiamo di fretta e pensiamo che prima poi questo circolo vizioso finirà. Alla lavata successiva, cerchiamo di accoppiarli bene questa volta, in modo da non soffrire più della mancanza di comfort, e di camminare per le strade della vita a testa alta, felici. 

Non parlerei mai dei miei calzini se non ci trovassi qualcosa che ha a che fare con l'amore. La logica seguita dai calzini, è anche quella delle relazioni. La vita ci mischia e ci confonde, così ci ritroviamo accoppiati a persone che per qualche aspetto sono simili a noi, e sembra ci somiglino, quando invece poi, con il passare del tempo, simili a noi non si rivelano affatto, e allora sentiamo la nostalgia di quel calzino perfetto che ci rispecchia, e si accoppia a noi che è un piacere, e che abbiamo perso in qualche momento della nostra vita, o non abbiamo mai conosciuto. Come ci ricorda Platone nel "Simposio", all'origine dei tempi gli esseri umani non erano suddivisi per genere, ma erano degli ermafroditi, ciascuno con quattro braccia, quattro gambe e due teste (con due organi genitali diversi o uguali, aggiungo). Quando gli ermafroditi, in sé completi, cominciarono a divenire insolenti nei confronti degli dei, Zeus decise di punirli, e con un fulmine li separò in due parti, creando da ogni essere primordiale, un uomo e una donna (o due uomini e due donne, aggiungo). Come conseguenza, nella vita, ogni essere umano cerca di ritrovare la propria iniziale completezza cercando la propria metà perduta. 


Quando abbiamo la fortuna di incontrare quella persona che abbiamo perso nella lavatrice della nostra nascita, e di riconoscerla, all'improvviso ci sentiamo completi, senza alcun bisogno d'altro. La nostra religione diventa l'amore, e il sesso diviene quel momento mirabile in cui l'essere ermafrodito si ricompone, per poi sciogliersi nuovamente, ma mai definitivamente, in un abbraccio.


Non adoro Gabbani, ma quest'anno, a Sanremo, ha portato un pezzo che trovo molto poetico, in quanto leggero e profondo allo stesso tempo. Il suo "viceversa" in fondo rappresenta lo stupore del riconoscimento, la concretizzazione dell'empatia che è necessaria in ogni storia d'amore, la consapevolezza della necessità dell'amore di trovare le risposte alle domande della vita nell'amore. L'amore, in sé, si basta, perché trascende le differenze e le imperfezioni, e raggiunge l'unità.







Avete visto di che colore sono i calzini di Gabbani?








martedì 7 gennaio 2020

Il parco della luna

Più trascorre il tempo e più mi convinco che siamo tutti fragili. Ci sono persone che hanno il cuore fragile, altre che hanno fragili i pensieri, sempre diversi, come partoriti da mille cervelli diversi. Ci sono poi quelli che hanno fragili i geni, e quelli che hanno fragili i ricordi. Coloro che hanno fragili le gambe non possono camminare, mentre coloro che hanno fragili le emozioni non possono vivere senza dover ogni volta sanguinare al pizzicotto di una offesa. Quando penso a tutta questa fragilità, una parte di me soffre, l'altra invece sorride. Ci muoviamo in un mondo surreale dove i fenomeni da baraccone siamo noi. Come dentro a un circo, siamo noi gli animali che stanno lì a saltare al colpo di frusta dell'ennesima imposizione. O come all'interno di un parco dei divertimenti, le attrazioni pericolose che producono adrenalina, quelle siamo noi. Bombe a orologeria pronte a esplodere in qualsiasi momento, donne cannone e acrobati impazziti siamo, e ci teniamo per mano guardando alla luna, convinti di dover ancora partire per quel viaggio che alla fine ci porterà, attraverso gli spazi infiniti dell'universo, oltre le stelle, a mettere finalmente il piede sulla superficie irregolare dei nostri sogni. Che tenerezza che facciamo. E quanto amore suscitiamo noi, con tutta la nostra fragilità. 


Mi fanno innamorare tutte queste nostre note. 

Un augurio di buon anno a tutti voi,  gente coraggiosa.