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domenica 11 novembre 2012

Per sempre, proprio per sempre


Questo post è un poco diverso dagli altri. 


Non scrivo in questo periodo. Che pure per non scrivere ci vuole disciplina. Così non vorrei smentirmi adesso. Ma voglio fare chiarezza. Sarà che oggi ho respirato bene, o chissà per quale altra ragione. Non so. Ma voglio scrivere di questa cosa qui.



Dunque, eccoci al punto centrale della questione. 



Cosa c'è di poetico nell'eternità?



C'è chi è morto per la gloria, per rendere eterno e immutabile un gesto. Nobile, non c'è che dire. Chi spera di amare per sempre, proprio come in quell'attimo lì, quando il cuore prende a palpitare e ti ricordi di essere vivo tra le sue braccia. Ma andiamo, dici sul serio? Appartieni a questa categoria? Non sarai invece uno di quelli che guarda l'orizzonte e guarda le nuvole passare, come fossero stagioni, chiedendosi fino a che punto del cielo arrivino le nuvole, se fino in fondo oppure si dissolvano di pioggia in pioggia, o come maschere di carnevale fuori stagione? No? Non sei nemmeno uno di quelli che preferiscono vederle sparire? Ecco, tu vuoi che rimangano nel cielo. Tu sei come quest'uomo qui sotto, che scrive e canta.





Ma magari pensi per davvero di poter aspettare. Hai vestiti leggeri come sogni, e pensi che mai potresti rimanere nudo di fronte a tanta verità. Si, si può amare per sempre.



Poi c'è chi invece vorrebbe rimanere giovane per sempre. Chi vorrebbe rinascere ogni volta, chi ripetere fino alla nausea lo stesso giorno, quello in cui la vita è cambiata e poi non c'è stato modo di tornare indietro, e per davvero.


C'è chi vorrebbe essere ricordato sul freddo cemento di una tomba. Chi immortalato nella foto più famosa. Chi quella foto vorrebbe tanto averla fatta. Chi non vorrebbe morire per infarto, così presto no. Magari chissà, in futuro in qualche modo vivrà.


E allora ho modificato il mio animo per un giorno e con esso il mio profilo? Si è fatto così arrogante il mio cuore? Ma è pieno di speranza pure! Non vedi? Di poesia, se dell'eternità cogli il senso, ché nel viaggio nasci, cresci e muori, e nel frattempo ti trasformi!


Ehi! Mi hai sentito? Ti trasformi! E allora un giorno eri carne, e respiravi aria. Hai pianto pure, e sei divenuto acqua. Ti sei divertito a pisciare ovunque, con incoscienza. Poi sei stato fuoco e, bruciato dalle passioni, avresti voluto ardere il mondo. Invece sei divenuto cenere, e infine terra. E questa, a ben vedere, è stata una gran cosa. Perché hai preso a generare frutti nuovi, finalmente.



Perché, vedete, niente è per sempre.





Diciamo purtroppo, e per fortuna...


sabato 3 novembre 2012

Serenade



Stamane mi svegliano queste note.


Mi svegliano dal profondo delle cellule che si commuovono.











Diffondono nello spazio, mi cercano sotto le lenzuola. Ammorbidiscono tutte le inquietudini. Mi lasciano con un profondo senso di gioia dentro.



Posso anche fare a meno dell’amore. Si, proprio così. Oggi so di poterne fare a meno.



Mi capita sotto gli occhi una poesia di Montale.




EX VOTO

Accade
che le affinità d'anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. È raro
ma accade.
Può darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l'oblio, vera la foglia secca
più del fresco germoglio. Tanto e altro
può darsi o dirsi.
Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perché solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.
Insisto
nel ricercarti nel fuscello
e mai nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.
Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors'era così come mi pareva
o non era.
Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l'innocenza è una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.

(da Satura, 1971)







Quanta importanza le avrei dato fino a ieri. Oggi invece sorrido.




Questa musica.




Questa musica vince le parole, e annulla perfino il silenzio...













Ps: sapete, la Serenata di Schubert l'ho suonata in una piccola orchestra. Quando ero forse troppo ragazzino per viverla, ma già abbastanza maturo per rubarla a tutti gli altri.



lunedì 22 ottobre 2012

Pinocchio...



Com'è triste l'uomo solo che si guarda nello specchio. Ogni giorno un po' più vecchio, che non sa con chi parlare. Passa giorno dopo giorno, senza avere, senza dare. Quando il sole va a dormire, ed il cielo si fa scuro, resta solo una candela e un'ombra sopra il muro...


Non ho mai avuto il coraggio di farlo. Di scriverti Pinocchio.


Ma sono ancora tuo padre, e queste ancora le mie parole...







C'è un momento per richiamare, e uno, forse, per ringraziare.


Sei andato ma ti amo, e tu lo sai, ti ho perdonato. Ti ho forgiato con ciò che avevo, e sei tutto ciò che sono, e pure ciò che ieri ero!


Perfino adesso che vai in giro per il mondo, e pretendi di pensare, e su tutto ragionare...


Vorrei dirti che sei figlio, e un giorno diverrai padre...


Grazie di cuore per la compagnia. 


La tua bugia è stata la mia poesia...






Ps: queste poche righe, al di là delle apparenze, sono le parole scritte da un figlio al padre.



Pinocchio pensieroso -Mariano Chelo-




Qualcosa di più dei pensieri di un burattino.


lunedì 8 ottobre 2012

Non voglio che ti allontani



Sarebbe facile, troppo facile dedicare queste quattro righe a una persona sola. E non è questo che voglio.

Forse chi le ha scritte aveva il diritto di farlo. Non io, e nemmeno noi che leggiamo. 


Mi capita, quando leggo una poesia, di non distinguermi dalle parole che leggo. Succede quando sono nello stato d'animo giusto, quando mi raccolgo così dentro di me che più non mi riconosco nelle cose di ogni giorno. Non so se riesco a esprimere bene questa cosa. Succede quando divento essenza dell'essere, del mio essere, ed è lì che il miracolo si compie. Divengo ciò che leggo, il poeta delle mie stesse parole. La magia sta nel fatto che sono le parole degli altri. Ma anche gli altri, nello sforzo che hanno fatto di essere l'essenza del loro essere, si sono dissolti nelle parole. Liquefatti nell'inchiostro. Così non divengono di nessuno. E vivono al di fuori della propria storia. Io vivo e respiro allo stesso modo, e condivido con gli altri le mie stesse palpitazioni, le loro, le palpitazioni di chi ha scritte queste righe.


Sarebbe facile, troppo facile dedicare queste quattro righe a una persona sola. E non è questo che voglio.



Non voglio che ti allontani,
dolore, ultima forma
di amare. Io mi sento vivere
quando tu mi fai male
non in te, né qui, più oltre:
sulla terra, nell'anno
da dove vieni
nell'amore con lei
e tutto ciò che fu.
In quella realtà
sommersa che nega se stessa
ed ostinatamente afferma
di non essere esistita mai,
d'essere stata nient'altro
che un mio pretesto per vivere.
Se tu non mi restassi,
dolore, irrefutabile,
io potrei anche crederlo;
ma mi rimani tu.
La tua verità mi assicura
che niente fu menzogna.
E fino a quando ti potrò sentire,
sarai per me, dolore,
la prova di un'altra vita
in cui non mi dolevi.
La grande prova, lontano,
che è esistita, che esiste,
che mi ha amato, sì,
che la sto amando ancora.



-Pedro Salinas- da "La voce a te dovuta"







Ma com'è che mi sembra di averlo appena fatto?


Lascio a Vinicio l'onere di chiudere a chiave le emozioni, di custodirle in qualche modo ...













lunedì 1 ottobre 2012

Ferro 3






L'amore è invisibile






E non si lascia amare dalle parole




















E questa è la decima delle lezioni d'amore.

domenica 16 settembre 2012

Storia di una zia povera



Ed eccomi qui, in uno dei sabati peggiori della mia vita, a casa.


Sono cieli grigi questi, nuvole oppresse dal peso della catastrofe. Guardare il cielo non serve, è tutto nero, senza stelle, senza desideri abbaglianti.


Ci aveva provato il sole oggi a filtrare tra le nuvole, solo un raggio. Una delle mie poesie verrà pubblicata dalla Giulio Perrone Editore. Ho sorriso, per un attimo. Ho sorriso per un attimo al pensiero che qualcuno per davvero mi consideri un poeta. Li ho fregati, ho pensato. Ma il mio era un sorriso amaro, ed è svanito presto allo specchio.


Non ci arrivano le belle notizie dentro al cuore, e non potendo fare altro che soffrire ho letto. Mi piace perdermi nelle storie, nei racconti. Così, perfino in un giorno come questi, uno di quei giorni che viverli è come morire, perfino in un mondo crudele come questo, leggo. E se trovo racconti come "Storia di una zia povera" di Haruki, allora rimango sazio e appagato. Non il mio cuore, ma il mio corpo rimane soddisfatto. Perché un racconto ben scritto e ispirato, un racconto così, serve ad alimentare il corpo, e a soffiargli dentro le energie necessarie alla ormai prossima battaglia. Sfiderò la morte a singolar tenzone, sull'orlo dell'abbisso.




Immagine dal web



[...] La zia povera non è uno spettro. Non sta acquattata da nessuna parte, non salta addosso a nessuno, - spiegai annoiato.- E' soltanto un'espressione verbale. Si tratta soltanto di parole. [...] - Cioè, le parole sono come elettrodi collegati alla mente [...] - Se attraverso un collegamento si inviano di continuo gli stessi stimoli, prima o poi ci sarà di sicuro una qualche reazione. Va da sé che il genere di reazione varia da individuo a individuo, nel mio caso è il senso di una presenza autonoma. Una sensazione simile a quella che si prova quando la lingua si gonfia dentro la bocca. Attaccate alla mia schiena ci sono le parole <<una zia povera>>, ma non hanno né significato né forma  [...]



Riuscite a seguirmi?



[ ...]  Naturalmente tutto al mondo è farsa. Chi può sottrarsi a questa verità? Alla radice di ogni cosa - dallo studio televisivo illuminato a giorno alla capanna di un eremita in fondo ai boschi - c'è sempre lo stesso elemento. Continuavo a camminare in quel mondo farsesco con la zia povera sulla schiena, ed ero ovviamente il buffone principale. Proprio perché me la portavo addosso [...] Col passare del tempo, la gente ha smesso di occuparsi sia di lei che di me. In conclusione [...] le zie povere non interessano a nessuno. Una volta esauritasi la curiosità iniziale per il fenomeno insolito, è rimasto un silenzio da profondità abissali. Un silenzio che suggerisce che io sono diventato una cosa sola con la zia povera.



C'è silenzio qui, anzi no. Ancora una cicala canta.



Se tra diecimila anni ci sarà mai una società formata soltanto da zie povere, mi apriranno le porte della loro città? [...] Si, e se in quel mondo ci fosse un po' di spazio per farci entrare una poesia, vorrei scriverla io. Così diventerei il primo poeta a ricevere una corona d'alloro nel mondo delle zie povere [...]



In corsivo le parole di Murakami Haruki. 

Ma forse sono io a scrivere.





In questo periodo devo essere molto noioso. Dunque niente musica per voi che vi siete spinti fin qui a leggere.  Esseri coraggiosi!


martedì 11 settembre 2012

La cena delle Sirene



Un giorno intero senza parole. 







Immagine dal mare virtuale del web






« Vieni, celebre Odisseo, grande gloria degli Achei,
e ferma la nave, perché di noi due possa udire la voce.
Nessuno è mai passato di qui con la nera nave
senza ascoltare con la nostra bocca il suono di miele,
ma egli va dopo averne goduto e sapendo più cose »
(Omero, Odissea XII, 184-8. Trad. Giuseppe Aurelio Privitera)




Su questa nave, in balie delle onde, posso udire il canto delle sirene. 





Come Ulisse ma senza equipaggio. Sono solo oggi, e nessuno può legarmi all'albero maestro.  Si avvicinano, sono in tante.




In balia delle onde e del canto. Lontano da casa, dove c'è chi mi aspetta e aspetterà, chissà poi per quanto.




In balia del canto e delle onde, strappato alla nave, come strappati gli arti e la bocca al loro bacio di miele e fiele. 




Divorato dalla conoscenza. Il mio corpo è una lisca.









Ps: Mettetevi in salvo voi che ancora potete...