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domenica 9 settembre 2018

Lo stile dell'autenticità


Oggi non sono attratto da nulla che non sia autentico. Mi attirano le cinghiate ben assestate sulla schiena, il crepitio dell'olio di una padella, il silenzio che segue a una domanda, il sapore di una pesca matura, la forma di una scarpa usata, il suono di un violino, gli occhi di un anziano, il sole di mezzogiorno che avvampa la pelle, la dignità di un albero, il pianto capriccioso di un bambino, il vuoto di quel nome che la memoria ha perso.

Non ho particolare interesse per il senso delle cose, per i ragionamenti sofisticati, le scritture ampollose, le passioni sociali. Rifuggo la malattia, il dolore, la morte. Provo noia per le intuizioni, le battute intelligenti, le risate alcoliche, i vizi e le virtù delle persone. Ho bisogno di definire le cose, capite?, di attaccarmi a tutto ciò che è reale. Non che il pensiero mi abbia stancato, semplicemente non lo trovo utile. La realtà dei sensi invece, quella mi interessa. Cerco di respirare quanto più a fondo possibile, di liberare le mie orecchie dal frastuono della quotidianità. Mi concentro su ciò che è essenziale. Leggo, tocco, sento. Apro e chiudo gli occhi velocemente, per capire se sogno o son desto. Niente di ciò che vivo col pensiero mi sembra reale, e allora concentro la mia attenzione sui particolari, raschio il fondo delle percezioni, arrivo alla sostanza delle cose. E mi sento vivere.

Se leggo, leggo chi mi sbatte in faccia proprio questa realtà. Senza fronzoli, nuda e cruda, com'è. Se ascolto musica, lascio che a sorprendermi sia qualcosa di nuovo, non ancora udito o intentato. 

Non scrivo qui da un po', e siccome penso che anche un luogo come questo, un blog, abbia una sua sostanza, e che dietro la sostanza delle cose vi sia la sensorialità del tatto, delle dita che sbattono sulla tastiera nel caso specifico, approfitto di questo tentativo di dare consistenza alla pagina per condividere con voi due spunti piuttosto concreti che hanno a che fare con lo stile. 




Lui è Charles Bukowski (interpretato da Ben Gazzara), e di stile se ne intende.




Lei è Martina Attili, e a sedici anni dimostra di avere stile, ammettendo a cuore aperto di soffrire di cherofobia, ovvero  della paura, così comune oggi, di essere felici.




Ecco, forse ho scritto questo post per dirvi, semplicemente, che ha stile tutto ciò che è intrinsecamente autentico. E se siete fatti in un modo che non piacete, e qualcuno vi ha chiesto di cambiare, voi non temete. Siete belli così come siete. 

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