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lunedì 28 maggio 2018

Il cuore sta nel mezzo



Il cuore sta nel mezzo, tra la pancia e il cervello. E un motivo ci sarà.



Ho letto nella mia vita tutta una serie di articoli scientifici che spaziano dalla psicologia fino agli studi più moderni sul microbioma, e più passa il tempo più mi convinco del fatto che l'uomo di oggi in realtà non conosca fino in fondo la sua "sostanza" e non abbia le idee sufficentemente chiare rispetto a quel complesso sistema di interazioni che lo rende un essere vivente e che dipende dal rapporto tra fattori ambientali e fattori genetici, tra sostanze neurochimiche e ormoni, tra microrganismi e fattori immunitari, tra fattori psicologici e stili di vita, tra tutti questi fattori insieme e l'anima, intesa come quella componente invisibile che consente all'uomo di partecipare sul piano delle emozioni al grande movimento del mondo. 

Più passa il tempo dunque più mi accorgo di come ogni individuo sia un universo di costellazioni e galassie, e di quanto sia ingiusto esaurire lo studio dell'individuo allo studio del bene sommo e dell'armonia, del ragionamento, delle passioni e degli affetti, degli istinti e dei comportamenti, delle capacità espressive, dei gesti e delle parole, della scrittura e delle immagini, dell'estetica e delle inclinazioni etiche e morali. Della biologia, della politica e della poesia. Di tutti questi fattori, separatamente.

So bene che l'uomo come essere complesso non può essere studiato, e per questo deve essere necessariamente sezionato, analiticamente valutato, come avrebbero da obiettare alcuni. Mi chiedo però se il modello scientifico sia quello ideale per comprendere l'uomo e le sue innumerevoli sfaccettature, perché ho come l'impressione che stiamo diventando esperti sì, ma esperti del niente. Lo sforzo di comprendere il particolare ci ha fatto perdere di vista l'universale e, quel che è peggio, ci ha portato a elaborare verità parziali. 

Sento parlare gli uomini, li sento convinti di una tesi che si contrappone necessariamente a un'altra di uguale portata e logica, e li vedo impegnati a far prevalere la propria, acriticamente, come se dal prevalere del loro pensiero derivasse il proprio valore. Non c'è vero dialogo, ma tentativo di imposizione di una verità, la propria, per ottenere il potere. Potere su cosa? Potere sul corso degli eventi, sulle scelte politiche ed economiche, e più profondamente ma senza speranza, sullo scorrere inesorabile del tempo.  Sulla malattia. Sulla morte.

Viviamo nell'epoca della crisi delle Istituzioni, di ogni ordine e grado. Né la Chiesa né gli Stati, né tantomeno la Scienza, la Tecnica o l'Economia sembrano in grado di offrire le ricette giuste per la felicità. O per la salvezza. Perfino l'Amore rischia di finire schiacciato sotto il peso delle illusioni che lo alimentano. L'uomo si trova solo più che mai, con la testa piena zeppa di conoscenze ma senza risposte. Di fronte a tutto questo però non si interroga. Lascia che certe sensazioni l'attraversino senza fare il tentativo di acchiapparle. E' disposto ad ammalarsi persino, pur di non riconoscere lo sbigottimento che è alla base del male e deriva dalla mancanza di senso.

Scrivo oggi, e riporto qui dei pensieri che non sono stati partoriti dalla mia mente. Per farlo ho dovuto prima concepire il silenzio, come mezzo necessario a far parlare ogni singola cellula del mio corpo. Ci sono pensieri abortiti, pensieri che non facciamo nemmeno in tempo a mettere insieme a partire dai mattoncini degli stimoli sensoriali perché subito evacuati con le feci. Pensieri che generalmente non possono essere messi per iscritto. Pensieri che "non possono essere pensati", come direbbe un grande studioso di mia conoscenza. In questa pagina ho fatto un esercizio, ho provato a riprenderli dall'intestino con l'aiuto dei geni del mio microbioma (perdonate l'ironia) che li hanno assemblati, e attraverso il nervo vago, a riportarli alla mente, senza però eludere la sorveglianza del cuore. Il cuore ha contributo a dare una coloritura affettiva a questi pensieri che altrimenti non avrebbero avuto alcuna dignità. Perché il cuore sta nel mezzo, tra la pancia e il cervello, e un motivo ci sarà. 

C'è chi ragiona soltanto col cervello, chi con la pancia. Entrambe le tipologie di uomini hanno tutte le ragioni di questo mondo. Ma alla fine è il cuore a decidere quali parole far passare e quali no. Quali pensieri selezionare. Quante emozioni provare. 


A proposito di cuore. Senza che la mia mente abbia potuto impedirlo, oggi la voce di un cantante mi ha rapito. Per un attimo tutte queste domande sul senso della vita hanno perso di significato. Sono riuscito nell'impresa di trattenere le emozioni generate da questa voce, nonostante i tentativi dell'intestino di riportarmi alla realtà. E sapete una cosa? È stato bellissimo.




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